Quando è morta mia mamma, Bruna, nel gennaio del 2021, mi trovavo in Asia centrale, dove vivo da molti anni.
Da qualche settimana non l’avevo sentita ma, come mi succedeva da decenni, periodicamente avevo allucinazioni ipnagogiche nelle quali udivo con grande chiarezza la sua voce chiamarmi, dirmi qualche cosa di quotidiano e banale. Ridere.
Non ricordo per nulla la nostra ultima telefonata. Sicuramente il suo umore doveva essere stato pessimo, come era ormai da tempo e specialmente da quando il suo ex, l’Alberto, era morto, pochi mesi prima. Era l’uomo della mia vita, mi aveva detto.
In Asia centrale dovetti rimanere ancora un paio di mesi, finché nel pieno della cosiddetta pandemia, ebbi modo di viaggiare in Italia, fino a Cisternino, e poi al mare, per spargere le sue ceneri. Non fu un viaggio facile.
In quella occasione ebbi modo di dare una occhiata a tutte le sue cose e, per adempiere alla sua volontà, di bruciare molte lettere.
Non presi quasi nulla. Non avevo idea allora che quasi tutto sarebbe poi andato perduto, un anno dopo, in occasione della vendita della casa. Anche allora, poiché la mia terzogenita era da poco nata, e il mio primogenito aveva i suoi guai, non potei venire in Italia. Scatoloni e scatoloni di libri e carte furono dati via e buttati al macero.
Disegni, manoscritti, collezioni di libri andarono perduti. Oggetti di famiglia e molto altro.
Tutto, nella dipartita di Bruna, è stato una perdita eccessiva. Non solo i suoi romanzi si trovano ormai solo nelle bancarelle. Anche a casa, non è rimasto niente o quasi niente da guardare, da pensare, quando penso a lei.
Non sempre amavo le sue idee, le sue abitudini, certi tratti del suo carattere, il suo bere, persino alcune delle cose che scriveva o amava leggere. Ma anche nelle nostre differenze dagli altri, gli altri esistono in noi.
Dal gennaio 2021 non ho più sentito la voce della Bruna, le allucinazioni ipnagogiche sono sparite.